a) Preghiera a Maria e Giuseppe: una coppia di sposi amati dal Signore

A partire dal Concilio Vaticano secondo e dall’ecclesiologia che da esso ne scaturisce si sviluppa una necessaria riflessione attorno al sacramento del matrimonio e alla vita di coppia come via alla santità per gli sposi. Queste riflessioni acquistano un ulteriore approfondimento nei decenni successivi giungendo a proporre una teologia più ricca circa il matrimonio come sacramento. Con una nuova consapevolezza e con una nuova sensibilità scaturita anche dalla esperienza stessa degli sposi che partecipano e condividono la ricerca, vengono pubblicati molti studi, approfondimenti, analisi, esperienze che riguardano l’ambito matrimoniale e familiare. In questo nuovo orizzonte anche la figura di Maria viene letta attraverso una nuova luce. Di essa si recuperano e si considerano fondamentali, per l’economia della storia della salvezza, la sua esperienza di donna e di sposa, oltre a quella di Madre di Dio. Accanto a Maria riappare così la figura di Giuseppe, un po’ dimenticato nei secoli precedenti dai vari ambiti della teologia, della spiritualità e della liturgia. Soprattutto acquista un valore teologico l’esperienza sponsale di questa coppia. La storia della salvezza trova un punto di svolta importante nella condivisione d’amore di un uomo e di una donna. Essi, dopo essersi scambiati il “si” del loro affetto, insieme hanno risposto “si” al progetto di Dio su di loro: quello di dare all’umanità l’Emanuele, il Dio con noi.

La prima proposta è quindi di inserire nella recita del Rosario questa preghiera a Maria e Giuseppe:

MARIA E GIUSEPPE,

COPPIA DI SPOSI,

BENEDETTI DA DIO

IL SIGNORE E’ CON VOI

E BENEDETTO E’ GESU’,

FRUTTO DEL VOSTRO “SI”

ALLA VOLONTA’ DEL PADRE

 

SANTA COPPIA DI SPOSI

AMATI DAL SIGNORE

PREGATE PER NOI ADESSO

E NEI MOMENTI DIFFICILI

DELLA NOSTRA FAMIGLIA.

La struttura dell’orazione è ritmata sulla più familiare Ave Maria, ma attraverso le parole coglie l’orizzonte sponsale di Maria e di Giuseppe e l’importanza di esso per l’economia della storia della salvezza. Le parole ci introducono quindi nell’esperienza della coppia di Nazareth e nel mistero che hanno vissuto: un mistero d’amore, di comunione e di accoglienza del piano di Dio. La struttura e il ritmo risuonando invece della preghiera a Maria per eccellenza, l’Ave Maria, una preghiera molto antica almeno nella sua prima parte e molto cara alla tradizione cristiana, rievocano in modo particolare l’aspetto di Maria quale Madre di Dio. Le parole unite al ritmo e alla struttura della preghiera ci possono quindi aiutare ad afferrare la figura della madre di Gesù nella sua complessità. Inoltre l’ esperienza di Maria e Giuseppe in quanto sposi è capace di essere luce per la vita a cui sono chiamati tutti i coniugi e tutte le famiglie cristiane.

Quando recitare questa preghiera nel Rosario?

Questa preghiera può essere utilizzata a seconda anche del contesto familiare in cui ci si trova a pregare. Ecco alcune proposte:

·        Si può recitare all’inizio del Rosario
·        Si può recitare all’inizio di ogni decina prima dell’enunciazione del mistero
·        Si può aggiungere al termine del Rosario una decina sostituendo l’Ave Maria con la preghiera a Maria e Giuseppe
 

La recita della preghiera a Maria e Giuseppe ci aiuta a ricordare la dimensione familiare dentro la quale ha avuto origine e si è sviluppata la vita di Gesù. Troppe volte infatti dimentichiamo o diamo per scontato che la vita del Maestro si è realizzata per circa trent’anni dentro le coordinate della famiglia di Nazareth. Questo tempo ha avuto sicuramente un’influenza decisiva sulla personalità di Gesù e sulla modalità con cui ha realizzato la sua missione per realizzare il Regno o “civiltà dell’amore”.

I racconti dell’infanzia

A questo riguardo i racconti dell’infanzia di Luca esprimono con intensità e chiarezza questo aspetto ad esempio attraverso il racconto di Gesù adolescente nel Tempio. Quest’ultimo episodio, presentato da Luca nei racconti d’infanzia, inizia riproponendo la particolare osservanza di Giuseppe e Maria che, secondo la tradizione di Israele, ogni anno si recano a Gerusalemme per la festa di Pasqua (Lc2,41). Subito dopo l’evangelista precisa quanto avvenuto durante uno di questi pellegrinaggi annuali familiari sottolineando l’età di Gesù: dodici anni (Lc2,42).

Conosciamo perfettamente come si sviluppi il racconto e la preoccupazione con cui Giuseppe e Maria abbiano vissuto lo smarrimento di Gesù. E’ interessante notare, ad ogni modo, la conclusione di questo episodio e ciò che Maria dice al Figlio dopo averlo ritrovato:

 

“Figlio perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo”. Ed Egli rispose “ Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 48-49)

A questo punto ci verrebbe naturale pensare che Gesù per occuparsi delle cose del Padre suo si fermi nel Tempio di Gerusalemme, tra i dottori e i maestri. Lì, nel luogo dove gli ebrei ritenevano che Jhwh avesse posto la sua dimora, dove scribi e sapienti discutevano sulle cose di Dio, dove i sacerdoti offrivano sacrifici alla divinità sicuramente avrebbe potuto conoscere a fondo le cose del Padre suo.

Il racconto di Luca prosegue invece dicendo:

Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso (Lc 2,51)

La quotidianità degli anni di Nazareth

L’evangelista ci dice dunque che Gesù non si ferma a Gerusalemme nel Tempio, ma torna a Nazaret con la sua famiglia, torna tra la sua gente, torna alla quotidianità di una vita vissuta nella normalità come tante altre persone del suo villaggio.

Eppure è proprio in questa normalità, quasi scandalosa, che Egli conosce e realizza le cose del Padre suo. E’ in una quotidianità semplice, e forse agli occhi di molti insignificante, che va scoprendo il volto di quel Dio che gli si rivelerà, nell’esperienza del battesimo al Giordano, come un Padre in una unità così sconvolgente che non potrà conservare tale manifestazione solo per sè.

E’ possibile cogliere frammenti di ricordi della vita familiare di Gesù a Nazaret, e delle esperienze con suo padre e sua madre, negli insegnamenti che egli trasmette, durante gli anni della vita pubblica, lungo le strade della Galilea e di tutta la Palestina.

“ Il Regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso ed impastato con tre misure di farina perché tutto si fermenti.” (Mt13,33)

Quante volte, Gesù, avrà visto sua madre Maria, nella casa di Nazareth, compiere quel gesto semplice e quotidiano di prendere della farina e impastarla con del lievito per preparare il pane. Nulla ci vieta di pensare che, spesso, anche Lui abbia voluto aiutare sua madre nel lavoro. Ed allora Maria chissà in quante occasioni, per tenerlo buono e poter terminare il lavoro, lo avrà reso partecipe staccando un pezzo di pasta permettendogli di costruirsi la sua focaccia.

“ Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano.” (Mt 9,17)

Quante volte Gesù avrà aiutato suo padre Giuseppe, in quanto carpentiere e falegname, a costruire otri per contenere il vino durante il tempo della vendemmia. E chissà quante volte avrà sentito ripetere queste indicazioni da suo padre ai vari clienti che si affacciavano alla bottega per chiedere all’esperto del legno qualche consiglio.

“ Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore.” ( Mt 9,16)

Come non vedere dietro questa espressione l’azione di Maria nella sua casa di Nazareth intenta ad aggiustare un vestito per il marito o per il figlio magari durante le giornate d’autunno in cui si inizia a preparare gli indumenti per l’inverno mentre discorre con le vicine di casa.

Gesti normali, azioni di ogni giorno, ma capaci di rivelare, agli occhi di un contemplativo quale era Gesù, i grandi misteri di Dio.

Essere contemplativi significa quindi saper cogliere dentro l’ordinario di ogni giorno lo straordinario di Dio. Recitare la preghiera a Maria e Giuseppe ci ricorda che questo era lo spirito con cui la famiglia di Nazareth realizzava la sua esistenza all’interno della quale Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. (Lc 2, 52). Ci apre alla contemplazione del mistero di un Dio che si fa prossimo all’umanità. Recitare la preghiera del Rosario significa quindi entrare nella casa di Nazareth, sedersi accanto a Maria e Giuseppe e con loro contemplare alcuni momenti della vita del loro figlio e nostro fratello e amico.